giovedì 14 maggio 2020

Un esperimento con la psilocibina

Le discussioni teoriche sulle sostanze magiche furono integrate da altri esperimenti. Uno di questi, che servì per un raffronto tra l'LSD e la psilocibina, ebbe luogo nella primavera del 1962. L'occasione opportuna si presentò presso la casa dei signori Junger, in quello che un tempo era stato l'edificio  della guardia forestale del Castello di Stauffenberg, a Wilflingen. A questo simposio con i funghi parteciparono anche i miei amici Konzett e Gelpke.

Nelle antiche cronistorie si accennava all'abitudine degli Aztechi di bere chocolatl prima dell'assunzione del teonanacatl. Così, per praparare l'atmosfera, la signora Liselotte Junger ci servì del cioccolato caldo. Subito dopo abbandonò i quattro uomini al loro destino.
Ci eravamo riuniti in una sala elegante, con il soffitto in legno scuro, una stufa di maiolica bianca e mobili d'epoca tutt'intorno.
Alle pareti erano appese vecchie incisioni francesi, e un meraviglioso bouquet di tuilipani faceva bella mostra di sè sopra il tavolo. Junger indossava un lungo e ampio caffettano a righe blu scure, che si era portato dall'Egitto; Konzett sfoggiava una toga mandarina vivacemente ricamata; Gelpke ed io ci eravamo messi addosso delle vestaglie. La realtà quotidiana doveva essere tenuta da parte insieme ai suoi capi d'abbigliamento.
Poco prima del tramonto prendemmo 20 milligrammi di psilocibina a testa, il principio attivo del fungo psilocibe usato dai curanderi del Messico. trascorsa un'ora, non notai alcun effetto, mentre i miei compagni erano già immersi nel viaggio. Ero venuto con la speranza di poter richiamare in vita, durante l'inebriamento, certe immagini indimenticabili e ancora presenti nella mia memoria di esperienze fugaci vissute da bambino: un prato di margherite accarezzate da un venticello di inizio estate, un cespuglio di rose nella luce della sera dopo una tempesta di pioggia, gli iris blu che scendevano dal muro della vigna. Quando, alla fine, l'estartto del fungo cominciò a manifestare il suo effetto, affiorarono paesaggi insoliti, ben lontani dalle luminose reminescenze della mia terra d'origine. Parzialmente disorientato, mi inabissai. Stavo attraversando città completamente deserte, di una esotica e tuttavia inanimata sontuosità dai caratteri messicani. In preda alla paura, mi sforzai di rimanere sulla superficie, di mantenere lo sguardo vigile sulla realtà esterna, sulle cose del mondo.
Per un pò ci riuscii. Vidi un gigantesco Junger, uno stregone potente e vigoroso, andare su e giù per la stanza. Konzett, nella sua lucente vestaglia di seta, pareva un pericoloso clown cinese. Perfino Gelpke comunicava un che di sinistro, di enigmatico nella sua alta e sottile figura.
Con l'intensificarsi dell'inebriamento, tutto divenne acora più insolito, compreso me stesso. Misteriosi, freddi, assurdi vuoti si presentarono, sotto una luce smorta, i luoghi che percorrevo nella mia immaginazione. Quando riaprivo gli occhi e tentavo di aggrapparmimal mondo esterno, anch'esso mi appariva spettrale e svuotato di ogni significato. Il vuoto totale minacciava di risucchiarmi nel nulla assoluto. Ricordo che quando Gelpke si avvicinò alla mia poltrona, lo afferrai per un braccio e mi ci attaccai per non precipitare in quel nulla tenebroso. Ero posseduto dal terrore della morte e dal desiderio sconfinato di ritornare alle forme viventi della creazione, alla realtà del mondo degli uomini.
Alla fine rientrai lentamente nellastanza. Vidi e udii il possente stregone dissertare ininterrottamente, a chiara ed alta voce, di Schopenhauer, Kant, Hegel e raccontare dell'antica, piccola madre Gea. Anche Konzett e Gelpke avevano fatto ritorno sulla terra, su cui con fatica ero riuscito a poggiare il mio piede.
L'accesso al mondo del fungo era stato per me un esame, un confronto diretto con la realtà inanimata e il vuoto. L'esperimento aveva rilevato aspetti diversi da quelli che mi attendevo. Nondimeno, l'incontro con il nulla può bensì considerarsi un beneficio: solo allora l'esitenza delle forme vitali appare più miracolosa.
Era già trascorsa la mezzanotte, quando ci riunimmo alla tavola che lapadrona di casa aveva imbandito al piano superiore. Festeggiammo il ritorno con un pasto eccellente e la musica di Mozart. La conversazione si protrasse fin quasi al mattino. Ernst Junger ha descritto questo viaggio in Annaherungen. Drogen und Rausch [avvicinamenti. Droghe e inebriamento], nel capitolo "Ein Pilz Symposion" [un simposio per i funghi]. Quello che segue ne è un estretto:

"Come di consueto,una mezz'ora o fors più trascorse in silenzio. Poi sopraggiunsero i primi segnali: i fiori sopra al tavolo incominciarono a risplendere e ad emettere bagliori. La settimana lavorativa era terminata; là fuori, come ogni sabato, gli uomini addetti alla pulizia delle strade provvedevano alla loro opera.Il fregamento delle scope irrompeva penosamente nella quiete. Questo strascinamento e sfioramento, che di quando in quando si trasformava anche in raschiamento, in colpo, in frastuono e in martellamento, ha origini casuali ed è in pari tempo sintomatico, come uno degli indizi che annunciano una malattia. Molto spesso ha svolto anche un ruolo nella storia dell'esorcismo [...]

Solo adesso il fungo cominciava a manifestarsi: il bouquet primaverile splendeva con più vigore, non era una luce naturale. Le ombre si agitavano negli angoli, quasi cercando di assumere una forma. Ero angosciato e anche intirizzito, nonostante il calore che si propagava dalle piastrelle. Mi distesi sul divano e tirai la coperta sopra la testa. Ogni cosa divenne pelle e fu toccata, anche la retina - là il contatto si trasformò in luce. Questa luce era di molti colori; si dispose in file, che oscillavano dolcemente avanti e indietro, in file di perle di vetro di ingressi orientali. Esse formano delle porte, come quelle che si oltrepassano nel sogno, sipari del desiderio e del pericolo. Il vento le agita come una veste. Cadono dalle cinture delle ballerine, si aprono e si chiudono con un'oscillazione delle anche, e dalle perle uno stillicidio di suoni tra i più delicati soffia ai sensi acuiti. Il tintinnio degli anelli d'argento alle caviglie e ai polsi è già troppo fastidioso. Odora di sudore, di sangue, di tabacco, di crine tagliato, di essenza di rose da due soldi. Chissà cosa succede nelle stalle.

Doveva essere un immenso palazzo, mauritano, non un bel posto. Da quella sala da ballo, fughe di stanze adiacenti conducevano al sottosuolo. E sipari dappertutto, con il loro luccichio, il loro scintillante bagliore radioattivo. E poi uno scintillio di strumenti acuti, con il loro allettamento e il loro richiamo seducente:
"Vuoi venire con me, mio grazioso fanciullo?". Subito cessava, poi di nuovo si ripeteva, più pressante, più invadente che mai, con la certezza di ottenere il consenso.
Apparvero delle forme - collage storici, la vox humana, il richiamo del cuculo. Era forse quella puttana di Santa Lucia con i seni sporgenti dalla finestra? Poi il gioco si frantumò. Salomè danzava; la collana color ambra emetteva luccichii e, oscillando le faceva rizzare i capezzoli. Cosa non si fa per il proprio Giovanni ! [si riferisce al nome popolare usato in Germania per designare il pene e nello stesso tempo, alla testa di San Giovanni Battista che Salomè riceve in premio dal patrigno in cambio di una sua danza] - dannazione, quella era un'indecenza disgustosa che io non avevo pronunciato, era stata bisbigliata attraverso il sipario. I serpi erano luridi, vivi a malapena strisciavano pigramente sopra i tappeti. Erano decorati di frammenti luccicanti. Altri dagli occhi rossi e verdi, spuntarono fuori dal soffitto. La cosa scintillava e sussurrava, sibilava e sfavillava come minuscoli falci durante il sacro raccolto. Poi si acquietò e si avviò di nuovo, più languida e invadente. Mi avevano in pugno. Ora ci capivamo d'un sol colpo.
La signora apparve attraverso il sipario. Era indaffarata e mi passo accanto senza notarmi. Vidi gli stivali con i tacchi rossi. Le giarrettiere comprimevano nel mezzo le cosce voluminose; la carne vi si rigonfiava tutt'intorno. I seni enormi, il delta nero dell'amazzone, pappagalli, piranha, pietre semi-preziose ovunque.
Entrò in cucina - o ci sono ancora dei sotterranei in questo posto? Il luccichio e il bisbiglio, il sibilo e lo scintillio erano un tutt'uno; pareva ora la cosa si concentrasse e si ricongiungesse, impaziente dell'attesa.
Essa si fece calda, insopportabile; gettai via le coperte. La stanza era illuminata appena; il farmacologo se ne stava immobile vicino alla finestra, avvolto nella bianca toga mandarina che avevo indossato poco tempo prima del carnevale di Rottweil. L'orientalista era seduto accanto alla stufa; si lamentava, come se un incubo lo stesse opprimendo. Ne sapevo qualcosa. Era stata solo una spinta, e presto sarebbe rincominciato. Il tempo non era ancora scaduto. Avevo già visto la piccola madre in altre circostanze. Ma persino gli escrementi sono terra, appartengono come l'oro alla materia trasformata. Si deve venire a patti con essi, fintantochè rimangono nelle vicinanze.
Questi erano i funghi della terra. Molta più luce era nascosta nell'oscuro chicco che si stacca dalla spiga, ancor di più nel verde succo delle piante grasse sugli arsi pendii del Messico [...]
Il viaggio era andato storto - forse dovrei parlare al fungo ancora una volta. Ma ecco che il sussurio ricomparve, e così il bagliore e il luccichio - l'esca attirava a sè il pesce. Una volta che sia dato il motivo, esso rimane impresso, come in un rullo - a ogni nuova spinta, a ogni nuovo giro si ripete la melodia. Il gioco non andò oltre questa desolazione.
Non sò quante volte si ripetè, e non voglio neppure soffermarmici troppo. Ci sono inoltre delle cose che si preferiesce serbare in segreto. Comunque era trascorsa la mezzanotte [...]
Ci spostammo al piano superiore, dove trovammo la tavola imbandita. I sensi erano tutt'ora acuti e parti: "le porte della percezione". Dal vino rosso nella caraffa tremolava una luce, la schiuma ondeggiava sull'orlo. Ascoltammo un certo flauto. Agli altri non era andata meglio: "Di nuovo tra gli uomini, finalmente. Così Albert Hofmann [...]
L'orientalista invece era stato a Samarcanda, dove Tamerlano riposa in un sarcofago di nefrite. Aveva seguito la marcia trionfale attraverso le città, che offrivano in dono, ai loro ingressi, un recipiente pieno zeppo di bulbi oculari. Era rimasto per lungo tempo a osservare una delle piramidi di teschi che erano state innalzate per incutere terrore nella gente, e nell'ammasso di teste tagliate aveva perino riconosciuto la propria. Era incastonata di pietre.
Dopo aver ascoltato il racconto, il farmacologo si illuminò in volto : "Ecco perchè te ne stavi seduto sulla poltrona senza testa - ero veramente sorpreso; non potevo essermi ingannato."
Mi domando se non sarebbe più opportuno cancellare questo dettaglio; ha tutti i requisiti di un racconto di fantasmi."

L'estratto del fungo, a quanto pare, non ci aveva trasportato verso le vette luminose, bensì negli abissi più profondi. Sembra che nella maggior part dei casi l'inebriamento da psilocibina sia caratterizzato da tonalità più oscure di quelle manifestate dall'azione del LSD. L'effetto delle due sostanze varia comunque da un individuo ad un altro. Personalmente, avevo riscontrato una luce maggiore negli esperimenti con LSD che non in quelli con i funghi della terra, come anche viene riferito da Ernst Junger nei suoi testi.

I miei incontri con Huxley, Junger, Leary,Vogt

Albert Hofmann

Foto: Ernst Junger


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